Intervento di Serafim Morazzo Lima

Socio attivo del club

Tema della serata:
l'emigrazione italiana nel mondo

Mercoledì 6 novembre 2013





Abbiamo potuto ascoltare, con molto interesse, il risultato della ricerca documentatissima del nostro amico Serafim Morazzo Lima sull'emigrazione italiana nel mondo. Con grande precisione, ci ha rintraciato l'incredibile storia della presenza italiana sui cinque continenti, con un'attenzione particolare per l'esodo massiccio verso le Americhe. Le ciffre sono vertiginose quanto incredibili e molto commoventi le condizioni di viaggio di migliaia di connazionali, spinti verso l'Eldorado dalle scarsissime condizioni di vita in Italia. Un fenomeno di tale importanza che oggi sono, di largo, più numerosi gli italiani vivendo all'estero che quelli stabiliti nella penisola.

Trova origini sin dal medioevo, quando lo sviluppo delle città del nord dell'Italia, poi della Toscana, attraerono artisti, architetti, artigiani di tutte le regioni. Il fenomeno si sviluppò più largamente durante il rinascimento con i contributi decisivi degli artisti all'imbellimento delle principali città europee. Sin dall'ottocento l'emigrazione per motivi economici conobbe uno spettacolare incremento, specialmente verso i paesi industrializzati del nord europa, ma anche attraversando gli oceani per fare fortuna nelle americhe. A chi volesse immergersi nell'atmosfera tragica e commovente di questi traghetti, consigliamo la lettura del romanzo " Novecento " di Alessandro Baricco o di guardare il film " Nuovomondo " di Emanuele Crialese (2006).
    

Pubblichiamo in questo resoconto alcuni brani dell'intervento di Serafim che ringraziamo per la qualità del contenuto.

G. Corongiu


"Fu così che nonno Fabbri partì per l'Argentina
e dopo qualche tempo chiamò il resto della famiglia a raggiungerlo"




EMIGRAZIONE ITALIANA NEL MONDO



La preparazione del viaggio

    
Speranze, illusioni, inganni questo accadeva quasi sempre agli emigranti. Spinti dalla miseria e dalla speranza di un futuro migliore, ma vittime dell'ignoranza e dell'analfabetismo, molti di loro sono stati facili prede di sfruttatori che scandalosamente promettevano ricchezze straordinarie e fortune colossali a tutti quanti si dirigevano verso l'America, dove le strade erano coperte d'oro e si mangiava a sazietà. Dappertutto erano sparsi commessi che riscontravano miseria e malcontento e offrivano un biglietto d'imbarco a quei disgraziati che volevano abbandonare la patria, a volte li incitavano a vendere la casa e la terra per procurarsi il denaro per il viaggio.

Altro fattore di incitamento erano gli agenti dei governi argentini e brasiliani che alimentavano l'immaginazione dei contadini che restavano a bocca aperta quando vedevano le immagini di campi rigogliosi in cui tutto sembrava crescere quasi spontaneamente.

Nelle stazioni marittime gli emigranti erano sottoposti ad una visita medica e i loro bagagli bonificati. La folla di migranti al porto aveva anche un impatto sulla città, la gente li guardava con pietà, ma anche con paura. In attesa di partire gli emigranti erano sistemati in locande autorizzate (ciò accadde dal 1901, in seguito all'emanazione di una legge ad hoc) . Siccome le locande autorizzate non erano sufficienti vi erano delle locande non autorizzate, situate spesso nei quartieri più sudici, in case vecchie, sporche e umide dove si dormiva per terra. Spesso le prime rimanevano vuote e le seconde che consentivano un risparmio alle compagnie sul prezzo stabilito, erano sovraffollate.

Il Viaggio

Questi candidati all'emigrazione venivano sfruttati dalle compagnie di navigazione che organizzano il trasporto dei migranti come meglio gli conveniva. Già all'inizio del Novecento, il viaggio poteva durare un mese e si svolgeva in condizioni difficilmente immaginabili: affollamento, minimo di spazio vitale, promiscuità, mancanza d' igiene, cibo non abbondante e di scarsa qualità.

Gli alloggi degli emigranti erano sempre nella parte inferiore delle navi (la stiva), perciò trascorrevano gran parte delle loro giornate all'aria aperta.

I battelli erano chiamati le carrette del mare con in media 23 anni di navigazione. Si trattava di bastimenti in disarmo, chiamati "vascelli della morte" che non potevano contenere più di 700 persone, ma ne caricavano più di 1000, che partivano senza la certezza di arrivare alla destinazione. Moriranno in migliaia durante questi tragici viaggi della speranza, soprattutto a causa di naufragi. È capitato che siano stati salvati da sottomarini, una volta da un tedesco e una volta da un austriaco. Il viaggio verso le Americhe non era una crociera per gli emigranti!

Per dormire, l'emigrante si sdraiava vestito e calzato sul letto, dove depositava fagotti e valigie. Spesso i bambini vi lasciavano orine e feci; i più ci vomitano; tutti, in una maniera o nell'altra, l'avevano ridotto, dopo qualche giorno, ad una cuccia di cane.

In tali condizioni, contrarre una malattia era frequente, e non mancavano i decessi come rivelano i diari di bordo delle navi.

Le malattie più frequenti erano: febbre tifoide, broncopolmoniti, morbillo (rugeole), influenza, colera, difterite. Alcuni morirono persino di fame.
    

Brano del monologo teatrale "Novecento" di Alessandro Baricco

    
"Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa...e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo... la vedeva.

Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che stava aggiustando i pantaloni... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e sempre, tutte maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava: l'America!!!".

L'arrivo
Giunta la destinazione, qualunque fosse il porto, gli emigrati cominciavano a rendersi conto di essere arrivati nell'America come era e non come l'avevano sognata. Le immagini di paradiso terrestre di cui si erano riempieti la testa svaniscono di fronte a dei pesanti formalità burocratiche alle quale sono sottomessi. Il centro di accoglienza di Ellis Island a New York è rimasto noto per il trattamento disumano esercitato nei confronti degli emigranti.

Molti erano respinti specialmente perché affetti da malattie invalidanti già presenti alla partenza dall'Italia oppure contratte durante il viaggio. E quanti sono morti di tuffarsi nella acqua gelida della baia per sfuggire ai controlli medici o di identità !

Le donne sole, anche se fidanzate, non potevano essere ammesse e dovevano celebrare il matrimonio a Ellis Island. I minorenni soli dovevano trovare i garanti e gli orfani dovevano essere adottati, altrimenti erano respinti.
    

Il Lavoro

L'unica ricchezza che gli emigrati italiani portavano con sé era la forza delle loro braccia, che li permetteva di svolgere i lavori più pesanti e rifiutati dagli altri, come le opere stradali o ferroviarie e il piccolo commercio, attività capaci di garantire un guadagno immediato da spedire alla famiglia rimasta in Italia. In questo modo, secondo il Commissariato dell'Emigrazione, negli anni precedenti la Prima guerra mondiale le rimesse degli emigrati, frutto di risparmi, superano i 500 milioni di lire l'anno.

Gli emigrati italiani sono stati inoltre l'oggetto di xenofobia. Non soltanto dagli americani ma anche gli argentini, i brasiliani e un po' dappertutto, avrebbero preferito di gran lunga gli emigrati provenienti dell'Italia del nord con cui si sentivano più affini, ma dovettero accettare e assumere l'emigrazione méridionale perché l'80% dell'emigrazione di massa proveniva in quel periodo del sud dell'Italia.



Pochi fortunati furono gli italiani che riuscirono a mettere su qualche attività commerciale poiché i loro negozi venivano devastati dalle organizzazioni xenofobe tanto che furono costretti a raggrupparsi, per difendersi, nel quartiere di "Little Italy". Contro di loro l'opinione pubblica insorse. Le accuse erano sempre le stesse: sovversivi, anarchici, camorristi e mafiosi. I giornali non facevano distinzione fra gli italiani onesti e i rapinatori assassini.

Per fortuna, per i loro meriti oggi la comunità italo-americana conta 16 milioni di perosne pari al 6 per cento della popolazione totale, ed è entrata nelle classi alte degli Stati Uniti e i politici se ne contendono il voto. Fra loro vi sono molti nomi noti di politici, industriali, atleti, artisti fra i più celebrati del cinema e del teatro.

Dunque finalmente dopo molta sofferenza sono riusciti ad essere cittadini americani rispettabili (...)

Serafim Morazzo
Estratti della conferenza del novembre 2013